Mississippi Fred McDowell non suona il rock’n’roll ma imbraccia la chitarra elettrica

Mississippi Fred McDowell non suona il rock’n’roll ma imbraccia la chitarra elettrica

Fred McDowell, nato a Rossville in Tennessee, da ragazzo lavora i campi con suo padre e suona la chitarra con suo zio. Nella fase dell’apprendistato, i chitarristi Raymond Payne e Vandy McKenna gli insegnano i rudimenti ma è proprio suo zio Gene Shields a mostrargli la tecnica slide, grazie all’utilizzo di un osso di bistecca. Presto orfano di entrambi i genitori, McDowell negli anni ‘20 si trasferisce a Memphis e tra gli anni ‘40 e ‘50 si sposta nel North Mississippi, stabilendosi infine a Como. A Memphis e dintorni, lavora al frantoio Buckeye e all’officina Illinois Central, all’albergo Peabody e al caseificio White Station: in quel periodo, si limita a suonare le chitarre degli altri musicisti dopo le loro esibizioni. Solo nel 1941, riesce a procurarsi una chitarra acustica tutta sua e a dedicarsi con più costanza allo studio dello strumento. Per quanto riguarda la tecnica slide, in un primo tempo prova a usare la lama di un coltello ma poi sceglie di impiegare il collo di una bottiglia. Nel North Mississippi, lavora come contadino fino a metà anni ‘60 e come benzinaio fino a inizio anni ‘70: in quel contesto, suona nelle chiese e alle feste prima di riuscire a calcare i palcoscenici. Nella fase della maturità, la più grande fonte di ispirazione è il bluesman Eli Green mentre la collaboratrice più assidua è la moglie Annie Mae. Se da giovane viene folgorato da un concerto di Charley Patton, da adulto resta influenzato del materiale di Blind WIllie Johnson e non a caso giustappone alla sua voce, un controcanto femminile e affianca ai pezzi profani, brani devozionali.

Solo nel 1959, Mississippi Fred McDowell viene scovato e registrato dai ricercatori Alan Lomax e Shirley Collins e ottiene finalmente l’attenzione meritata. Al contrario di altri casi celebri, come il ritorno sulle scene di Son House e Skip James, non si tratta di una riscoperta ma di una scoperta. Senza aver mai inciso dischi nel corso degli anni ‘30 e ‘40, dal 1964 in poi, McDowell riesce a pubblicare una serie di album, per voce e chitarra, grazie all’aiuto del produttore Chris Strachwitz e di altri appassionati. Erede stilistico di Blind Willie Johnson e Charley Patton ma anche padre spirituale di R. L. Burnside e Junior Kimbrough, il chitarrista si distingue per un approccio grezzo e incisivo allo strumento. Nel complesso, il blues della zona collinare risente dell’influenza del fife and drum di Sid Hemphill e Otha Turner, la curiosa tipologia di black music per flauti e percussioni. E in virtù di questa contaminazione, l’hill country blues, pur non incorporando l’elemento fiatistico, vanta una componente ritmica più marcata rispetto al resto del blues rurale. In particolare, lo stile di McDowell sembra collocarsi a metà strada tra il blues del Texas di Sam Lightnin’ Hopkins e il blues del Delta di Bukka White. Ma le accordature aperte impiegate dal chitarrista si poggiano su un beat ossessivo e ipnotico, affine a quello del boogie di Detroit di John Lee Hooker. All’età di sessantacinque anni, McDowell effettua il cambio di passo più radicale della sua carriera: durante un viaggio in Inghilterra, si procura una chitarra elettrica e inizia a suonarla nelle esibizioni dal vivo.

Tornato in patria, nell’arco del 1969, McDowell registra a Berkley con Mike Russo alla chitarra, John Kahn al basso e Bob Jones alla batteria, l’LP Fred McDowell and His Blues Boys e a Jackson con Jerry Puckett al basso e Darin Lancaster alla batteria l’LP I Do Not Play No Rock 'n' Roll. Questi due album, gli ultimi lavori incisi in studio e pubblicati in vita dal bluesman, rappresentano una svolta. McDowell è infatti il primo esponente del hill country a realizzare dischi con la chitarra elettrica e la band di supporto. Se i musicisti artefici del rinnovamento del blues a Chicago come Muddy Waters e Howlin’ Wolf suonano già la chitarra elettrica da decenni, gli artisti legati allo stile del Delta come Son House e Skip James, suonano ancora la chitarra acustica in quel periodo. Dopo aver percorso l’Highway 61 al contrario, spostandosi da nord a sud, dal Tennesse al Mississippi, e muovendosi dalla città alla campagna, da Memphis a Como, il chitarrista resta in pianta stabile nell’Hill Country con una Gibson ES-335 a tracolla. Il passaggio dalla chitarra acustica a quella elettrica è vissuto dall’artista in maniera analoga a quello giovanile dalla lama di coltello all’anello di vetro: per McDowell la tecnologia è solo un mezzo espressivo e deve rispondere al requisito dell’efficacia e non della purezza. A quattro anni dall’esibizione destabilizzante di Bob Dylan al Newport Folk Festival, tra gli animatori del folk revival, serpeggia di nuovo sdegno per una scelta considerata un tradimento. Ma il gesto modernista di McDowell si coniuga a sorpresa con una rivendicazione identitaria.

McDowell, nel suo secondo disco elettrico, include un sermone con una perentoria presa di posizione contro il rock’n’roll e a favore del blues. In questo modo, l’artista riesce a prendere in contropiede il suo pubblico una seconda volta, nel giro di pochi mesi. In sostanza apprezza le potenzialità del nuovo strumento ma rifiuta il genere che lo ha reso celebre. Il sermone, però, si limita a un’invettiva generica e non chiarisce l’obiettivo puntuale: non si comprende infatti se McDowell si scagli contro il rock’n’roll di Chuck Berry o il rock di Jimi Hendrix. Nel 1971 viene data alla stampe Eight Years Ramblin', un’interessante collaborazione tra Fred McDowell e Johnny Woods. Si tratta di una seduta di registrazione acustica, tenuta a Como nel 1967 sotto la supervisione di George Mitchell, con McDowell alla chitarra, Woods all’armonica ed entrambi alla voce. In quell’occasione, i due bluesman incidono “My Babe” di Little Walter e “I Got a Woman” di Ray Charles ovvero i due rifacimenti profani di canzoni gospel divenuti rispettivamente un importante standard di r’n’b e il brano antesignano del soul. “My Babe”, già inclusa in Fred McDowell and His Blues Boys, viene inserita nell’album mentre “I Got a Woman”, assente dal resto della discografia di McDowell, viene scartata dalla scaletta. Forse in virtù della loro matrice devozionale, i pezzi di Little Walter e Ray Charles sono affrontati da McDowell con entusiasmo e senza riluttanza. Al contrario “Baby Scratch My Back” di Slim Harpo risulta eseguita dal solo Woods probabilmente perché ritenuta troppo vicina al rock’n’roll.

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