I Ramones secondo Pablo Echaurren

I Ramones secondo Pablo Echaurren

Pablo Echaurren ha incarnato, fin dagli anni anni ‘70, una delle più stupefacenti emersioni creative del movimento studentesco, rappresentando in arte l’estro libertario e liberatorio della ribellione contestataria. Diviso tra la passione per i fumetti e quella per la grafica, tra la collezione di volumi rarissimi del futurismo e quella di bassi elettrici, è ancora oggi un monotipo, un uomo unico e irripetibile.

Esordisce come pittore sotto la guida di Gianfranco Baruchello, presso la galleria milanese di culto di Arturo Schwarz, il principale esegeta e diffusore della filosofia e della pratica surrealista in Italia. La sua arte, che miscela cultura alta e bassa, si adatta benissimo alla grafica editoriale per le pazze riviste del movimento ’77. Ma proprio nel ’77 scoppia il punk e Pablo non può rimanerne indifferente. Allora accanto all'amore per l’avanguardia, in special modo marinettiana, ecco la mania per il rock’n'roll e soprattutto per i Ramones. In questi giorni è scomparso Arturo Vega, il tuttofare dei Ramones, autore del famoso logo della band. Il simbolo stesso del punk è senza dubbio una delle icone pop più replicate della storia, vista la quantità da record di magliette vendute in giro per il mondo. Vega aveva preso spunto dal Sigillo Ufficiale del Presidente degli Stati Uniti, apportando alcune modifiche: disegnò un’aquila con un ramo di melo e una mazza da baseball tra gli artigli al posto di un ramo di ulivo e delle frecce. Il resto è storia. Ora cogliamo l’occasione per chiedere a Pablo Echaurren, o meglio Pablo Ramone, le ragioni della sua passione.

Ciao Pablo, cosa hanno rappresentato e cosa rappresentano per te i Ramones?

 “Io sono della loro generazione, siamo nati negli stessi anni, nei primi ’50. Per me la nascita della passione per la musica coincide con la pubblicazione di “Love me do” e ho amato la musica di quell’epoca. Nasco come ascoltatore con i Beatles e non con Elvis: ero appassionato dei gruppi inglesi Them, Animals, Rolling Stones, Kinks, Yardbirds. Poi è seguito il deserto del progressive: elegante, pomposo e articolato. Ho sentito il bisogno dei Ramones per ritornare alla musica dei primi anni ’60 e per traghettarla fino ad oggi saltando il rock barocco di Genesis, Gentle Giant e Pink Floyd. Di questi ultimi salvo la fase di Syd Barrett ma gli assoli di 10 minuti, le grazie e le raffinatezze che imitano il concerto classico le detesto. I Ramones rappresentano quindi per me il ritorno alle origini. Ma non sono dei punk solo sputi, sangue e rabbia… hanno dentro anche i Beatles e i Beach Boys. E’ questo che apprezzo di loro: la loro melodicità che avrebbe potuto condurli benissimo ad avere successo di classifica. I Ramones al contrario di altri gruppi della loro generazione non fanno rumore per rumore. La cosa può solleticarmi intellettualmente ma non mi diverte. Dei Ramones amo il fatto che fossero rudi ma dolci, che facessero della pop art, miscelando l’energia del rock con la melodia del pop. Erano dei Beatles con il chiodo e le scarpe da ginnastica. I Beatles più di 10 anni prima avevano tradotto in termini europei la musica americana di Buddy Holly e degli altri rocker statunitensi. I Ramones compiono il tragitto contrario ritraducendo la musica inglese in America. Per questo secondo me compiono la quadratura del cerchio. Avevano anche una componente dada: il marchio della band per esempio, l’aquila presidenziale con alcune modifiche, è una sorta di ready-made duchampiano, qualcosa di standard di cui si appropriano e di cui replicano all’infinito l’immagine. I loro spettacoli sono poi pieni di trovate dadaiste, futuriste e da teatro dell’assurdo. Non so se fossero consapevoli o meno, di certo Joey non era digiuno dalla materia visto che sua madre lavorava nel settore dell’arte.” Pablo Ramone Echaurren

 

 

 

La domanda è stata posta a Pablo Echaurren nel 2013.

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