Pete Fine: folk per orchestra

Pete Fine: folk per orchestra

Pete Fine è un musicista originario di New York, cresciuto ascoltando opere classiche e musical americani, doo wop e rock’n’roll. Impressionato dall’esibizione del 1964 dei Beatles all’Ed Sullivan Show, prende presto lezioni di chitarra dal veterano Ken Broadhurst. Intorno al 1965, fonda i Group, una band tributo ai Ventures. Con l’aggiunta di un cantante, i Group si ribattezzano Magic Shop e virano dal surf all’hard psych. In quel periodo, infatti, Fine risente dell’influenza di Jeff Beck e Jimi Hendrix. Intorno al 1969, il musicista dà vita a una nuova formazione, battezzata prima Drunken Dogs e poi Flow. Il cambio di nome è determinato dalla defezione di Bruce Sirota e dal ridimensionamento del gruppo a terzetto. Nel 1972, i Flow pubblicano così l’LP The Flow's Greatest Hits, in regime di autoproduzione e in sole cento copie. Alle sedute di incisione, realizzate in casa con un registratore Teac a quattro piste, prendono parte Pete Fine alle chitarre, al sintetizzatore e alla voce, Monte Farber al basso e alla voce e Steve Starer alla batteria. La band accumula materiale sufficiente per un 33 giri ma non dispone del denaro necessario per confezionare tutti i brani. E allora il disco, prodotto da Paul Avakian nel suo loft e mixato dall’ingegnere Frank Kulaga ai National Recording Studios, viene dato alle stampe con un lato vuoto. A livello musicale, The Flow's Greatest Hits si muove nel territorio dell'hard rock, cedendo, di tanto in tanto, a qualche tentazione progressiva. Non particolarmente memorabile, l’album cade nel dimenticatoio.

I Flow tengono una serie di concerti in favore delle proteste contro la guerra in Vietnam, esibendosi anche a Central Park e al Baruch College. Ma ben presto la band arriva al capolinea. Successivamente, Emma, la moglie di Fine, grazie a una cospicua eredità, può finanziare il primo progetto da solista del marito. Il musicista, ispirato all’opera del compositore Anton Bruckner, concentra le proprie forze sulle partiture di musica classica e sulla chitarra a dodici corde. E nel 1974, pubblica l’LP A Day of Crystaline Thought. Il disco viene registrato, lo stesso anno, ai Sound Exchange di New York. Nell’incisione, Fine canta e suona chitarre, organo, percussioni e timpani. Lo accompagnano Rob Leon al piano e ai timpani, Monte Farber al basso, Mike Kimmel alla batteria, Sam Hardesty alla voce e alle campane a vento e Rhina Cueves al flauto. La band è ulteriormente supportata da una sezione di archi e da due suonatori di corno francese. Della produzione si fanno carico, infine, gli stessi Fine e Hardesty. Nonostante l’imponente dispiegamento di mezzi, si tratta di un’autoproduzione in sole cento copie. A Day of Crystaline Thought rappresenta, infatti, uno strano caso di opera raffinata e complessa realizzata fuori dal mondo discografico ufficiale, grazie a un investimento privato. Sul piano stilistico, l’album è altrettanto unico grazie all’efficace equilibrio tra folk e classica, tra la chitarra acustica e l’arrangiamento orchestrale. Dopo la realizzazione del progetto, la coppia parte per un viaggio attraverso gli Stati Uniti e finisce per trasferirsi a Tucson.

Pete Fine pubblica, in regime di autoproduzione, l’LP A Day of Crystaline Thought nel 1974.

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