Dada non è amore

Dada non è amore

Nel film Love Story del 1970 si è data, per un’intera generazione, la definizione esemplare di amore, grazie alla celebre battuta: “amare significa non dover mai dire mi dispiace”. Cosa sia Dada e come spiegarlo è una questione un po’ più complessa, anche se ormai siamo a 100 anni esatti dalla fondazione del movimento, avvenuta al Cabaret Voltaire di Zurigo nel 1916. Di certo Dada non è amore. O perlomeno è amore come qualsiasi altra cosa, compreso il suo opposto: l’odio. “Dada non significa nulla” proclama il suo inventore, il poeta romeno Tristan Tzara. E ancora Dada è per Tzara, provocatoriamente, sia Dio che il proprio spazzolino. Etimologicamente ha un’infinità di significati possibili a seconda della lingua scelta: “cavallo a dondolo”, “sì sì” e chissà cos’altro. Tutto e niente, insomma. Un grido di protesta e una filastrocca “non sense”, allo stesso tempo. Dada però, non a caso l’unica avanguardia storica a non avere “ismo” come desinenza, ha a che fare principalmente con la negazione. La distruzione di tutti i valori e gli stili precedenti, classici e moderni, il rifiuto categorico di tutte le teorie estetiche e filosofiche. Ad un secolo dal debutto Dada è però mummificato nei musei e glorificato nei libri d’arte: nessuna provocazione è più forte della fortuna critica.

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