Joseph Cornell: tra i collage di Max Ernst e i poème-objet di André Breton

Joseph Cornell: tra i collage di Max Ernst e i poème-objet di André Breton

Nonostante non abbia mai aderito ufficialmente al Surrealismo, Joseph Cornell è ritenuto, a ragione, il principale artista americano di questa tendenza. Scoperta la rivoluzione estetica e filosofica apportata dal movimento francese, inizia a creare opere sullo stile dei suoi modelli. I due autori che lo influenzano di più sono senza dubbio Max Ernst e Marcel Duchamp: alla produzione del primo, Cornell ispira i suoi collage, a quella del secondo, i suoi assemblage. E in effetti l'artista americano si divide tra opere bidimensionali frutto della giustapposizione di immagini preesistenti e creazioni tridimensionali composte da oggetti trovati e accostati.

L'esempio di Max Ernst de La femme 100 têtes è seguito quasi alla lettera: Cornell ne raccoglie il testimone sia per quello che riguarda l'aspetto onirico ed evocativo sia per quello che concerne raffinatezza ed eleganza formale. I collage di Cornell non sono mai provocatori e contestatari, come capita per altri artisti di ambito dada-surrealista. Anche l'elemento sessuale, così importante per i seguaci di André Breton, è più che secondario per il solitario esponente americano. Ma proprio ai poème-objet di Breton e della sua compagna Elisa si possono accostare le shadow box di Cornell: scatole con oggetti e immagini sotto vetro. 

In effetti l'influenza di Marcel Duchamp è alquanto superficiale: le scatole del maestro, soprattutto la Boîte en-valise, sono operazioni concettuali e riepilogative. Duchamp mette in "valigia" riproduzioni delle sue opere maggiori e in altri casi scritti e documenti concernenti la sua produzione. La filiazione più diretta di questa pratica è rappresentata dai fluxbox del movimento di George Maciunas: insiemi di oggetti in scatola spesso a finalità ludica e dissacratoria. La pacatezza composta delle shadow box di Cornell e il carattere estetico dei suoi assemblage e dei suoi collage lo pone di certo più in relazione con Ernst e Breton

I poème-objet di André Breton sono in effetti poesie tridimensionali ottenute dall'accostamento di parole, figure e oggetti. La filosofia dell'hasard objectif e degli objet trouvé è un precedente diretto alla prassi di Cornell. L'artista americano vaga, come Breton a Parigi, in cerca di oggetti e una volta trovati li accosta nelle sue scatole. Per Cornell come per Breton, la città rivela la sua meraviglia attraverso questi manufatti abbandonati e il rinvenimento di arnesi affascinanti si concilia, in qualche modo, con istanze intime e psicologiche. L'artista americano, nonostante sia influenzato dal tipo di contenitore impiegato da Duchamp, ne è idealmente lontano.

Cornell attua quindi una riproposizione degli stilemi surrealisti del collage e dell'assemblage. Si ispira alle scatole di Duchamp e agli objet trové di Man Ray ma approda a soluzioni più affini alle poesie-oggetto di Breton. Il suo apporto all'arte surrealista è tanto qualitativamente rilevante quanto concettualmente secondario. Eppure, le sue shadow box costituiscono un precedente diretto a certi esperimenti dei nouveaux réalistes, che mediano la radicalità duchampiana proprio con l'esperienza di artisti come Cornell. L'utilizzo di contenitori da parte di Daniel Spoerri o Arman ma anche di Dieter Roth ricorda in modo chiaro le scatole del precursore americano.

Pur rappresentando variazioni dell'opera di Duchamp, le scatole ricolme di oggetti di Spoerri, Arman e Roth preservano un elemento fortemente concettuale assente in Cornell, così animato da preoccupazioni compositive. Le opere dei nouveaux réalistes, ad esempio, o vedono sommarsi oggetti prelevati dallo stesso contesto o consistono in accumulazioni dello stesso manufatto in numerosi esemplari. Così Spoerri e Arman sembra estendano il concetto di ready made dall'arnese singolo all'intero banco di lavoro o tavola imbandita. Discorso a parte meriterebbe la consonanza tra l'opera di Cornell e quella della sua coeva Louise Nevelson

L'arista, di origine ucraina naturalizzata statunitense, realizza grandi assemblage monocromi di pezzi di legno, spesso affastellati dentro a riquadri giustapposti l'uno all'altro. Le enormi pareti sono quindi composte da una trama di scatole, simili a quelle di Cornell, ancorate e saldate assieme. L'opera di Nevelson sembra un Merzbau di shadow box prive di immagini e objet trouvé ma composte solo da tasselli multiformi. In entrambi i casi la struttura della scatola serve a dare confine e ordine all'assemblage, sostituendo così il compito della cornice. Non a caso, infine, entrambi gli artisti anticipano le tematiche new dada e figurano nella mostra "Art of Assemblage".

 

 

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